Sentenza della Cassazione: la marijuana, per i rastafariani, è strumento di meditazione, vanno capiti. Sentenza degna di nota che accoglie il ricorso di un uomo trovato in possesso di un etto di "erba" e condannato.
Per informazioni sui rastafariani vedi la Scheda pubblicata nell'opera Le Religioni in Italia
Articolo Tratto da Corriere.it - 10 luglio 2008
MILANO - Il Rastafarianesimo, il cui seguace più famoso porta il nome di Bob Marley, ammette l'uso di marijuana come erba medicinale e soprattutto meditativa. Ecco perché la Cassazione, con una sentenza degna di nota, ha dichiarato che i fedeli di tale credo, se trovati in possesso di «erba» devono incontrare la comprensione e la tolleranza dei giudici, «nella credenza che l'erba sacra sia cresciuta sulla tomba di re Salomone».
La Consulta ha accolto così il ricorso di un uomo contro la condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione e 4 mila euro di multa per illecita detenzione a fine di spaccio inflittagli dalla Corte di appello di Perugia nel 2004. I carabinieri lo avevano trovato con circa un etto di marijuana. In Cassazione l'uomo ha detto di essere un rastafariano e di fumare erba in base ai precetti della sua religione, che ne consentono l'uso fino a 10 grammi al giorno.
«USO PERSONALE» - La sentenza 28270 della Sesta sezione penale della Suprema corte ha ritenuto «fondato» il ricorso di Giuseppe G. con riferimento al fatto che i giudici di merito non avevano considerato «la religione di cui l'imputato si è dichiarato praticante» escludendo, pertanto, che potesse detenere un simile quantitativo di marijuana per esclusivo uso personale.
In tal proposito gli Ermellini spiegano che «secondo le notizie relative alla caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marijuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come erba meditativa. Come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico teso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che l'erba sacra sia cresciuta sulla tomba di re Salomone, chiamato 'il re saggio' e da esso ne tragga la forza».
Per questa ragione la Cassazione ha rimproverato la Corte d'appello di Perugia per aver condannato Giuseppe solo sulla base del «semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza» trascurando di valutare le «modalità comportamentali del 'rasta'». Adesso toccherà alla corte d'appello di Firenze riesaminare la vicenda perché gli Ermellini hanno annullato, con rinvio, la condanna.
REAZIONI - Non si sono fatte attendere le reazioni polemiche alla decisione della Cassazione. «Sentenze sconcertanti a tal punto di diventare drammatiche», così le definisce Luca Volontè(Udc). «Permettere ai ’rasta’ di portare con sé ’hashish’ in quanto considerata dalla loro presunta religione come ’erba meditativa’ avrà - spiega il deputato dell’Unione di Centro in una nota - un duplice gravissimo effetto sulla nostra società.
In primis, indurrà gli spacciatori e i commercianti di stupefacenti a utilizzare i ’rasta’ per i loro loschi giri, e, ancor più disarmante, gli abituali consumatori potranno farsi crescere i capelli e millantare di essere ’adepti rasta’ per evitare fermi di polizia". I
l Dipartimento per le politiche antidroga commenta la notizia come uno «stravolgimento della normativa vigente». «Siamo in attesa - afferma il Dipartimento in una nota - di acquisire le motivazioni della sentenza: se le cose stessero davvero in tal modo, ci troveremmo davanti allo stravolgimento della normativa vigente, che vieta e sanziona penalmente qualsiasi cessione, a qualsiasi titolo, di qualsiasi quantitativo di qualsiasi sostanza stupefacente a terze persone».
Gasparri parla di «una sentenza fuori dal tempo». Ill capogruppo del Pdl al Senato ironicamente aggiunge: «adesso tutti 'rasta' per violare la legge e andare disinvoltamente in giro con marijuana e magari hashish o droghe simili». «Chiunque oggi - osserva Gasparri - si può definire rasta o portare semplicemente i capelli acconciati in un determinato modo per poter consumare impunemente droghe.
Ma davvero a nessuno è venuto in mente che in Italia quella dei rasta è più una tendenza di moda che non una fede religiosa?». «Qualcuno fermi i giudici che vivono fuori dalla realtà» conclude Gasparri.