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Articolo di Raffaella Di Marzio

24 gennaio 2014

Riproducibile solo integralmente con citazione di autore e fonte (dimarzio.info) 


 

 

primavennero

 

 "In Germania i nazisti se la presero con i comunisti e io non parlai, perchè non ero comunista.

Fu poi la volta degli ebrei e io tacqui perchè non ero un ebreo.  

Quando i nazisti attaccarono i sindacalisti, io stetti zitto perchè non ero un sindacalista.

Successivamente si trattò dei cattolici, ed anche questa volta non aprii bocca perchè ero un protestante.

Venne, infine, la volta mia ... e nessuno parlò, per nessuno"

(Martin Neimoller, pastore protestante)

 


Il nostro paese, come molti altri, vive una profonda crisi economica da anni. La disoccupazione ha raggiunto livelli che non si erano mai visti e molte aziende chiudono lasciando tanti lavoratori senza salario, con conseguenze sociali, economiche e psicologiche gravissime.

Tuttavia, c'è una "fabbrica" che funziona a pieno ritmo da tempo immemorabile, i cui "operai" non perderanno mai il loro "lavoro" e i cui "padroni" sono stati e saranno sempre benedetti da profitti certi e consistenti.

Cosa produce questa fabbrica? Terrore. E' quella che io ho chiamato, qualche tempo fa,  la "Fabbrica del terrore", senza alcun riferimento al libro omonimo.

E' sempre in attività, ma periodicamente sembra subire una sorta di improvvisa accellerazione dovuta o all'esplosione di qualche caso mediatico particolare o alla mobilitazione stranamente simultanea di diversi media che diffondono notizie allarmistiche su un determinato soggetto. L'impressione che si ha, osservando la simultaneità delle agenzie di stampa e il coinvolgimento di tutti i media, è che si tratti di una specie di bomba ad orologeria: esplode al momento giusto. 

Un esempio davvero illuminante di questo fenomeno è quello relativo all'impegno simultaneo di tutti i media italiani quando scoppiò il caso della "Psicosetta Arkeon", del quale stampa, radio e televisione si occuparono diffusamente con migliaia di pagine e decine di trasmissioni nell'arco degli anni 2007-2012, in un crescendo isterico di allarmismo e di spasmodica attesa di una sentenza di cui, alla fine, non ha parlato quasi nessuno.

Anzi, il Quotidiano di Bari, che aveva seguito passo passo la vicenda giudiziaria svolgendo egregiamente il ruolo di megafono dell'accusa per alcuni anni, proprio nell'avvicinarsi della fine del processo, ha, prima cambiato "direzione", tanto da pubblicare, il 17 maggio 2012, due mesi prima della conclusione del processo, un articolo dal titolo"La psicosetta Arkeon è tutta una montatura mediatica", e poi, paradossalmente, una volta conclusosi il processo di primo grado, nel luglio 2012, non ne ha neanche dato notizia.  

L'articolo citato è, peraltro, dopo poco tempo,  "prematuramente" scomparso dal sito del Quotidiano di Bari.

Le motivazioni di queste stranezze informative si possono ipotizzare considerando la metodologia di chi "fabbrica il terrore": il prodotto deve essere puro, il terrore e l'allarme devono essere totali e immacolati, non c'è spazio per prudenza e obiettività, cautela e intelligenza. Se queste ultime fanno capolino, come nel caso della sentenza emessa dai giudici nel caso Arkeon, il regolamento della "fabbrica" in questione  stabilisce che, semplicemente, non se ne parli più e ci si rivolga ad altri "prodotti" più appetibili.

L'aspetto problematico di un caso come quello dell'associazione ormai scomparsa che si chiamava Arkeon è che a un certo punto i tribunali emettono il loro verdetto e, se esso non corrisponde ai desideri dei costruttori di terrore, il caso deve essere necessariamente abbandonato, come quando una belva ha assaporato la preda, ma, arrivata ad un certo punto, rimane solo la parte meno saporita, così, semplicemente, la si abbandona al suo destino e se ne cerca un'altra.

C'è anche un altro settore di "produzione di terrore" nel quale quest'ultimo viene suscitato facendo leva sul "pericolo generico". Non viene indicato alcun personaggio o gruppo specifico come "pericoloso", ma si crea una paura generalizzata di tutto ciò che è "diverso", "strano" o "estraneo" rispetto a tutto ciò che è "normale", "uguale" o "stabilito".

Questo processo si verifica in molti settori della società ma quello delle cosiddette "sette", a mio avviso, ne è un esempio lampante. Creare la devianza attraverso l'uso della parola setta è un clichè di sicuro successo per gli operai della fabbrica del terrore.

Per prima cosa i media "sparano" le cifre, quelle che proverebbero una crescita esponenziale delle sette, poi si cercano le cause del fenomeno. Si attribuisce la colpa della presunta proliferazione al fatto che le persone cercano risposte certe ai problemi della vita ma, purtroppo per loro, le cercando non nel pensiero unico e totalizzante giusto per tutti, ma, piuttosto, nella confusione del mondo, in cui l'uomo avrebbe perso le sue radici. Il pericolo sarebbe in agguato quando una religione viene considerata alla pari con un'altra.

Dunque, ci sono religioni buone e religioni cattive, religioni che liberano l'uomo e religioni che lo schiavizzano. I  fabbricatori di terrore sono in grado di insegnare alla povera umanità confusa quali sono le religioni di cui fidarsi e quali quelle di cui non fidarsi, anzi, da denunciare e perseguire, con l'aiuto dello Stato.

Ho letto recentemente alcuni articoli dove vengono dati alcuni consigli per evitare i pericoli: i culti distruttivi, prima di fare proseliti, prendono informazioni su di noi, sulle nostre abitudini, le nostre amicizie, i nostri problemi, e poi, se siamo una preda appetibile, ci ghermiscono con il famigerato proselitismo. Inoltre veniamo consigliati, dagli esperti del settore, a fare attenzione ai corsi di yoga, alle palestre dove si fa karatè e si praticano arti marziali, alle discipline di meditazione orientale, alle psicosette, dove "sesso, soldi e spiritualità" costituiscono le tre famigerate "s", quelle che schiavizzano donne e adolescenti ...

Se non fosse appena iniziato il 2014 si potrebbe confondere questa "filosofia" con qualche libretto pubblicato in altri tempi, quando le streghe venivano bruciate vive nelle piazze. Ma siamo nel 2014 e quindi possiamo tutti stare tranquilli. Specialmente chi, come me, appartiene a una religione buona e di maggioranza. Io non frequento corsi di yoga e non pratico arti marziali, non sono minimamente interessata alla meditazione orientale, sono saldamente inserita nella comunità ecclesiale maggioritaria nel mio paese,  quindi sono al sicuro dalle psicosette e dal loro vorticoso raggiro fatto di "sesso, soldi e spiritualità"... e, soprattutto, nessuno potrà mai etichettarmi di essere adepta di una setta...

... Se non fosse che, in realtà, le cose non stanno proprio così ... 

Almeno a giudicare da quello che scrive Luca Kocci sul Manifesto nell'articolo "Le sétte con l'imprimatur papale". L'autore, recensendo un libro recentemente pubblicato, afferma che Neo­ca­te­cu­me­nali, Legio­nari di Cri­sto, Foco­lari, Comu­nione e libe­ra­zione, Opus Dei, Rin­no­va­mento nello Spi­rito santo e Comu­nità di Sant’Egidio non sono movimenti ecclesiali, ma sono sette, con l'imprimatur papale.

Le caratteristiche di queste sette che hanno ricevuto, secondo l'autore, l'imprimatur del Papa, sono quelle che vengono attribuite a tutte le sette: il culto del fondatore, un verbo assoluto che deve essere ripetuto continuamente dagli adepti, la separatezza dal mondo esterno visto come territorio di conquista da aggredire con il proselitismo, un les­sico spe­ci­fico, quasi ini­zia­tico, patri­mo­nio ver­bale esclu­sivo degli adepti e:

"l’autarchia rela­zio­nale e spesso anche affet­tiva dei seguaci, che sono invi­tati a tagliare i ponti con il loro ambiente di pro­ve­nienza e a costruire legami esclu­sivi nel gruppo, fino ai matri­moni che, soprat­tutto fra i neo­ca­te­cu­me­nali, ven­gono con­cor­dati e pro­gram­mati all’interno del movi­mento; oppure, lad­dove non è pos­si­bile, il coniuge «esterno» viene inglo­bato nel gruppo. L’isolamento e l’emarginazione dei fuo­riu­sciti, attorno ai quali viene fatta «terra bruciata»"

Queste associazioni sarebbero sette anche perchè sono tutte caratterizzate dal fatto di essere

"con­ser­va­trici, quando non mar­ca­ta­mente inte­gra­li­ste, e fina­liz­zate alla con­qui­sta della società rela­ti­vi­sta e seco­la­riz­zata, a par­tire dai «prin­cipi non nego­zia­bili»: bio­e­tica, fami­glia, morale ses­suale, scuola." 

Seguono altre accuse come quelle di essere state coinvolte in scandali, di aver commesso reati, come abusi e violenze sessuali, di essere lobby influenti all'interno del Parlamento, ecc. Come da copione, il ruolo degli ex membri viene esaltato, mentre i membri affiliati vengono considerati succubi del potere altrui. 

A  questo punto ci si potrebbe chiedere: Chi ha ragione?

Le sette sono quelle aggregazioni che approfittano del relativismo imperante di cui soffre chi è confuso e ha abbandonato le certezze della religione cattolica, oppure sono quelle approvate dalla Chiesa cattolica che si battono, con la forza dell'integralismo, contro la confusione del relativismo? 

Se qualcuno me lo chiedesse io risponderei che le sette sono uno stigma, privo di contenuti reali, che può essere attribuito a qualsiasi gruppo a seconda del punto di vista di chi giudica.

I cattolici che pensano di stare dalla parte dei giusti e di poter giudicare chi è setta e chi non lo è  potrebbero ritrovarsi nella stessa condizione  ed essere accusati delle stesse orribili azioni. Succede continuamente nel mondo, lì dove i cristiani sono una minoranza e dove il professare la propria fede significa anche perdere la vita. 

Se questi cattolici si curassero di leggere il Concilio Vaticano II, e la Dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae, non assumerebbero il ruolo di poliziotti dello spirito altrui, ma si impegnerebbero perchè il diritto alla libertà religiosa venga garantito a tutti.

I proclami gridati dall'alto di un pulpito cattolico, per colpire chi cattolico non è, possono essere rovesciati con molta facilità, sostituendo semplicemente i contenuti, proprio come fa l'articolista del Manifesto, definendo alcuni gruppi cattolici come "sette con l'imprimatur papale". 

Concludo questa riflessione citando due brani di Jeremiah S. Gutman (1923-2004), avvocato e Presidente per le libertà civili di New York, grande attivista per i diritti umani delle minoranze religiose per 50 anni fino al giorno della sua morte all'età di 80 anni.

Il brano è tratto dal suo articolo La libertà delle nuove e impopolari religioni*:

[...]non è mai la corrente principale, o la maggioranza, che "saggia" la libertà religiosa accordata in una società, ma le minoranze, i radicali, i pensatori individuali. Questi sono i gruppi sul filo di lama della storia. Sono essi che forniscono il reagente del tornasole. Se non hanno la libertà religiosa, nessuno in quella società l'avrà ... La libertà religiosa, come ogni libertà, può essere misurata solo dal basso in alto[...]

[...] i nuovi movimenti religiosi... sono stati classificati "sette" e questo per renderli "illegittimi". E' come chiamare un intenditore di vini "avvinazzato", "alcoolizzato". Molti sono moralmente contrari ad un bicchiere di vino, ognuno però prova disgusto per un ubriaco. Allo stesso modo se la Chiesa dell'Unificazione o la Scientologia fosse indicata come "denominazione religiosa" o "chiesa", coloro che cercano di eliminare questi nuovi movimenti incontrerebbe maggiore difficoltà a trovare un sostegno alle loro azioni chiaramente illegali e anticostituzionali. Basta, però, chiamarli "sette" e allora gli appartenenti alle chiese riconosciute non si renderebbero conto che la loro libertà è messa in dubbio[...].

 

*Coscienza e Libertà, n.8, 1985, pp.76-83. 

 


PER APPROFONDIRE

Sezione sulla libertà religiosa

Sezione sulle leggi speciali

Sezione Sette e Media

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