Giovanni Paolo II accoglie "nella piena comunione della Chiesa cattolica" il vescovo tradizionalista mons. Licino Rangel, 25 sacerdoti dell'Unione sacerdotale San Giovanni Maria Vianney e 28.000 fedeli, in prevalenza della diocesi di Campos.
Un Deciso Ritorno
Articolo di Danilo Fusato
In una lettera di Giovanni Paolo II accoglie "nella piena comunione della Chiesa cattolica" il vescovo tradizionalista mons. Licino Rangel, 25 sacerdoti dell'Unione sacerdotale San Giovanni Maria Vianney e 28.000 fedeli, in prevalenza della diocesi di Campos in Brasile. Una lettera del vescovo, ordinato illecitamente da mons. De Castro Mayer nel 1991 e scomunicato come tutti i vescovi del movimento lefebvriano, era arrivata al Papa con la data del 15 agosto 2001.
In essa si manifestava la sua volontà di piena adesione alla Chiesa cattolica. La risposta è contenuta nella lettera del papa (firmata il 25 dicembre 2001): "È con somma gioia che abbiamo ricevuto la vostra lettera del 15 agosto u.s., con la quale l'intera Unione ha rinnovato la propria professione de fede cattolica, dichiarando piena comunione con la cattedra di Pietro, riconoscendo "il suo primato e governo sulla Chiesa universale, sui pastori e sui fedeli", dichiarando altresì che "per nulla a questo mondo, vogliamo dissociarci dalla pietra sulla quale Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa".
Mons. Rangel, emesso il giuramento di fedeltà al sommo pontefice, ha pubblicamente dichiarato che accetta tutti gli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
Nella lettera del Papa si fa riferimento a un documento in cui "l'unione verrà canonicamente eretta come Amministrazione apostolica, di carattere personale, direttamente dipendente da questa Sede apostolica e con territorio nella diocesi di Campos. Si tratterà di una giurisdizione cumulativa con quella dell’ordinario del luogo. Il suo governo sarà affidato a te, venerato fratello, e sarà assicurata la tua successione. Verrà confermata all’Amministrazione apostolica la facoltà di celebrare l’eucaristia e la liturgia delle ore secondo il rito romano e la disciplina liturgica codificati dal mio predecessore San Pio V, con gli adattamenti introdotti dai suoi successori fino al beato Giovanni XXIII”. Di conseguenza vi è “la remissione della censura al can. 1382 CIC per quanto concerne te, venerato fratello, come altresì la remissione di tutte le censure e la dispensa da tutte le irregolarità nelle quali fossero incorsi altri membri dell’Unione”.
Si attendeva una riconciliazione per l’insieme del movimento lefebvriano per la Pasqua del 2001, ma le resistenze interne e le richieste avanzate l’hanno resa impossibile. Il movimento si accredita di 5 vescovi, 400 preti, 170 seminaristi, 800 opere, 79 scuole, 150.000 fedeli, di cui un terzo in Francia.
La scelta del gruppo brasiliano indebolisce il fronte tradizionalista, ma non si prevede uno sbandamento significativo. “La riconciliazione – ha detto il superiore generale della Fraternità, mons. B. Fellah – rappresenta una pressione per noi tradizionalisti. Ma è un’arma a doppio taglio. Noi guardiamo da lontano come la Santa Sede tratterà i gruppi di Campos (cfr. Tages Anzeiger 5.1.2002).
Le trattative di mons. Fellay, che parlava anche a nome dell’Unione San Giovanni Maria Vianney di Campos, si sono arenate non per la richiesta di autonomia della Fraternità, ma per la pretesa dei lefebvriani di liberalizzare il ricorso alla messa secondo il rito preconciliare, sottraendolo alla responsabilità dei vescovi. In altre parole di rendere opzionale il rito del Vaticano II e la teologia ed ecclesiologia in esso contenute.
Sul fronte organizzativo l’offerta di Roma era considerata dallo stesso Fellay come ‘fantastica’, un’amministrazione apostolica, una sorta di diocesi. "Ma noi non volevamo costruire la nostra casa sulla sabbia. Non abbiamo potuto accettare la generosa offerta di Roma senza toccare la questione originaria della spaccatura. Castrillòn spingeva per una soluzione veloce e di tipo pragmatico. Per noi era anzitutto un problema dottrinale … Al centro di tutto sta la tradizionale messa latina. Da Roma è soltanto permessa. Non ci basta. Noi pretendiamo che ogni prete possa liberamente scegliere fra la nuova e l’antica Messa. La forma recente ha dei difetti enormi, come anche il Card. Ratzinger ammette. La Messa è diventata il campo di battaglia nella Chiesa”.
Roma era disposta, come la soluzione adottata per il gruppo brasiliano evidenzia, ad allargare ulteriormente i permessi per il vecchio rito, ma a condizione che: a) si accettasse e approvasse la riforma liturgica del Vaticano II (quella che un altro vescovo tradizionalista, Tissier de Mallerais, definisce ‘ecumenica, ambigua, protestantizzata, d’ispirazione massonica’); b) che cadessero le preclusioni sull’insieme dei documenti del concilio Vaticano II.
I lefebvriani intransigenti si considerano la forza necessaria per controbilanciare la temuta e inarrestabile deriva cattolica verso il modernismo e il liberalismo. Fellay cita in questo senso l’appoggio dello stesso Castrillòn nel loro primo incontro. Il cardinale avrebbe detto: “Esattamente questo vogliamo, che voi continuiate la battaglia (antimodernista) all’interno della Chiesa”. I contenuti critici riguardano in particolare i testi e l’indirizzo ecumenico, il documento conciliare sulla libertà religiosa, il dialogo interreligioso e, soprattutto, la riforma liturgica.
La resistenza maggiore alle richieste tradizionaliste è individuata dagli stessi protagonisti negli episcopati: “La nostra riconciliazione è quasi impossibile a causa dell’opposizione dei 65 vescovi francesi… Essi ci vedono come oppositori perché l’antica messa è ben più attraente dei loro moderni show”. La liturgia diventa la cartina di tornasole. Mons. Cottier, teologo della Casa pontificia, ha fatto notare che la soluzione prospettata costituisce un allargamento dell’indulto precedente. “Ciò vuol dire che un certo pluralismo è pensabile nel seno del rito latino: del resto la Chiesa cattolica ha anche membri di altri riti al suo interno, come i riti orientali”. I liturgisti italiani ammoniscono: “Mai la precedente ‘forma’ (del rito romano) è sopravvissuta in contraddizione o in concomitanza con quella successiva”.
Tratto da "Presenza Cristiana", vol. XXXIX, n. 5, giugno 2003, pp. 63-65.